Il manifesto dei festival
promosso da Arci
fanno l'evento
e lo chiamano festival
In Italia, il Festival si è affermato come IL formato culturale post pandemico: negli ultimi anni, infatti, per esigenze economiche, artistiche, stagionali o di marketing, la proposta si è organizzata in eventi contratti nel tempo, con identità varie ma specifiche, che spaziano dalla musica all’enogastronomia, attraversando ogni disciplina artistica o interesse. Del resto, a soli pochi anni di distanza dalla crisi pandemica, ricordiamo sin troppo bene quanto possa essere dolorosa la privazione della socialità e, di conseguenza, riconosciamo quanto sia meraviglioso che milioni di persone possano ritrovarsi per fruire di contenuti artistici, qualunque sia la forma in cui si struttura la proposta.
Su tale variopinta e a tratti problematica galassia di situazioni e momenti, desideriamo esprimere il nostro particolare punto di vista. Lo facciamo come reti, organizzatorз, promoter, comunità locali, operatorз e anche fruitorз, a partire dalle esperienze che si riconoscono nella rete Arci.
Quanto può costare partecipare ad un festival? E organizzarlo? Che relazione e posizionamento mantiene un festival con il territorio che lo ospita? Qual è la sua impronta ecologica? Quali logiche caratterizzano in modo prevalente la sua programmazione e le modalità di accesso? Come si concilia il diritto ad abitare la notte come spazio di sperimentazione, espressione e conflitto, con il diritto al riposo?
Il Manifesto dei festival è stato redatto e sottoscritto al termine di un percorso partecipativo che ha coinvolto decine di realtà che in Italia organizzano festival, unite da una missione trasformativa e non estrattiva, popolare e non elitaria, politica – nel più alto senso del termine, quello culturale – e non commerciale, perseguendo la sostenibilità, la cura e non esclusivamente il profitto.
Se con il termine “eventification” si descrive il fenomeno con il quale, in un dato lasso di tempo, tutto può essere messo in vetrina e venduto, dal suono ai nostri corpi, dal patrimonio naturale a quello culturale, per favorire l’attrattività di un territorio o per sbancare al botteghino, allora noi preferiamo parlare di “diritto alla festa”.
Il diritto di fare festa, di essere la festa che vorremmo per il mondo intero, almeno qualche giorno all’anno.
Il diritto di festeggiare: la vita, le idee, le visioni, l’emozione collettiva per un film o per un concerto, il suono dei bassi nella pancia. Il diritto di fare festa, di essere la festa che vorremmo per il mondo intero, almeno qualche giorno all’anno.
ma quale
festa?
Per noi la “festa” è un momento di celebrazione collettiva, sospensione dell’ordinario, invenzione e reinvenzione della notte e del giorno come tempi e luoghi in cui stare insieme, nel contesto di un rito laico.
È uno spazio aperto all’imprevisto e all’inatteso.
La nostra idea di festa nasce per essere accessibile per tuttɜ i corpi e le soggettività, e non può che essere popolare e appartenere alla collettività. Le feste sono espressione di circoli e gruppi culturali e sociali che desiderano un territorio in cui la cultura non sia derubricata ad orpello, riaffermando per essa il valore di lingua e materia viva, di rappresentazione e traduzione del mondo, di emancipazione.
Vogliamo costruire feste che attraversino le crisi e le trasformazioni del presente, che stiano dalla parte di chi è sfruttato, che propongano culture indipendenti, decoloniali, transfemministe, antiabiliste.
Vogliamo raccontare un’ampia rete di feste, pratiche e persone: che abita il paese, dai grandi centri fino alle aree interne, che si costruisce localmente, che produce e tutela i saperi situati ma che è capace anche di convergere e guardare lontano. Dunque una festa, ma anche un momento di consapevolezza collettiva.
Il momento dell'aggregazione sociale e comunitaria, che i festival implicano, ci riporta infatti a una dimensione di ascolto e confronto reciproco, in cui poter aprire gli occhi e il cuore al nuovo, all'insolito, al diverso, e di conseguenza aprire e arricchire il nostro bagaglio culturale e sociale.
I festival sono strumenti potenti per stimolare la consapevolezza civica, promuovendo riflessione e dialogo sui temi di interesse collettivo. Offrono spazi di partecipazione attiva dove i cittadini e le cittadine possono confrontarsi, esprimersi e sentirsi parte di una comunità. In questo senso, la festa diviene vera e propria palestra di democrazia, favorendo l’inclusione e la responsabilizzazione sociale.
Perché tuttɜ hanno diritto alla festa.
una festa differente
popolare,
queer,
libera
Desideriamo tutelare un’idea di festa popolare che non si basi solo su risultati quantitativi e muscolari (i sold out, i grandi numeri), ma anche sull’accessibilità economica e culturale: festival popolari che aspirino ad essere co-costruiti con le comunità locali, i circoli e le reti, senza mai imporsi al territorio.
Immaginiamo festival attraversabili da tutte le soggettività, le estrazioni, le identità culturali e di genere, i background: in una società diseguale, ciò significa assumersi la responsabilità di pratiche attente alle minoranze e alle marginalità.
Un festival può divenire presidio temporaneo di antirazzismo, antiabilismo, anticlassismo e antiomolesbotransfobia. Per noi è essenziale creare un’atmosfera di accoglienza e ascolto, dove tuttɜ possano sentirsi parte integrante dell’esperienza culturale, partecipando attivamente.
I festival sono infatti uno strumento importante per combattere l’isolamento e la solitudine della fruizione culturale.
Di fronte a persone sempre più sole davanti a schermi sempre più piccoli, rispondiamo con una moltitudine che si confronta interagendo direttamente con l’esperienza artistica, agendo attivamente i principi della partecipazione culturale.
clima di festa
i festival
come ecosistemi
di relazione
Ridurre l’impatto ambientale dei festival è una priorità assoluta. Per questo, ci impegniamo ad attivare percorsi in grado di rendere sostenibili le nostre attività, al fine di sensibilizzare il pubblico sull’importanza di un approccio responsabile verso l’ambiente, tale da contrastare le narrazioni mainstream che tendono a ridimensionare o negare l’impatto della crisi climatica in atto.
Come possiamo fare?
Attraverso una gestione attenta degli allestimenti, la riduzione dei rifiuti, l’utilizzo di materiali ecocompatibili e l’educazione a pratiche sostenibili.
I festival rischiano di essere vetrina di grandi aziende che adottano politiche speculative ed estrattive ai danni dell'ambiente.
Pensiamo che chi organizza un festival debba seriamente interrogarsi sulla responsabilità sociale e sulla provenienza dei finanziamenti o delle sponsorizzazioni, contrastando il greenwashing.
Vogliamo che i festival diventino veri e propri laboratori di sperimentazione, esplorando nuove forme di espressione artistica e sociale tali da ispirare e guidare il cambiamento verso un futuro più verde e consapevole, anche offrendo supporto alle vertenze ambientali locali.
fare festa tutto l'anno
Una rete di feste
e visioni che attraversa
e rigenera il paese
Una festa attiva comunità temporanee, crea legami tra persone e luoghi, per tutto l’anno. I nostri festival si impegnano a condividere risorse, esperienze e conoscenze in grado di interconnettere i festival e le comunità.
Il loro valore risiede nella rete di persone, nelle organizzazioni che la compongono, nella proposta culturale, ad ampio impatto sociale, che la qualifica.
Riteniamo che per crescere e migliorare sia fondamentale incoraggiare lo scambio di esperienze e risorse, sperimentando percorsi di formazione condivisa, sostenendo le realtà locali attraverso strumenti comuni. Ci impegniamo a creare il giusto intreccio ed equilibrio tra la rete dei festival e gli/le artistɜ che la attraversano, in modo da garantire quel contrappeso necessario all’industria culturale.
I festival non distribuiscono esclusivamente contenuti culturali, ma accettano la sfida di contribuire alla loro produzione: a partire dalle esperienze artistiche del territorio per arrivare ai legami internazionali, mettono in scena e valorizzano produzioni inedite, partecipate, che altrimenti non avrebbero spazio.
una festa viva e in movimento
"se non ballo, non è
la mia rivoluzione"
La programmazione culturale dei nostri festival mira ad essere inclusiva, diversificata e rilevante anche dal punto di vista sociale. Quando pensiamo alla programmazione artistica, non ci limitiamo a scegliere lɜ artistɜ in base alla loro popolarità o alla capacità di intrattenere, ma guardiamo anche al sostegno dellɜ artistɜ emergenti fuori dai canali convenzionali, allo scopo di creare una relazione con le comunità in cui vive il festival.
Il nostro sguardo sul mondo è dunque guidato dai valori di inclusione, attivismo, giustizia sociale. L’obiettivo è che ogni festival lasci una traccia significativa nel pubblico e nella comunità, stimolando una riflessione e creando connessioni tra persone, luoghi e valori sociali.
Rivendichiamo la densità politica dei nostri festival, sul territorio quanto su scala nazionale: non già come forma di posizionamento calato dall’alto, dagli enti organizzatori, ma invece come forma di emersione, spesso anche di legittimazione, i nostri festival sono “in movimento”, feste culturali, sociali, per i diritti.
I contenuti, specie i più recenti, i linguaggi e le pratiche dei movimenti si mescolano con le nostre scelte artistiche, essendone parte integrante: dalla scena queer agli approcci transculturali passando per il ballo libero e liberato, noi festeggiamo le nostre idee, perché “se non ballo, non è la mia rivoluzione”.
economia della festa
comunita
generative
I Festival mirano a nuove forme di sostenibilità economica che possano renderli autonomi e indipendenti.
Per farlo, non inseguiamo le logiche di mercato, ma lavoriamo su modelli di finanziamento flessibili e diversificati, coinvolgendo il territorio e promuovendo partnership locali solide. In questa chiave, lʼautofinanziamento, la collaborazione con le istituzioni pubbliche e private, insieme alla partecipazione attiva dei cittadini e delle cittadine, appaiono fondamentali perché i festival possano accreditarsi non solo come momenti occasionali ma come percorsi di consolidamento e arricchimento duraturi per le comunità.
I Festival generano economie, promuovono la crescita del lavoro in ambito culturale, valorizzano professioni e maestranze.
L’impatto sociale ed economico dei Festival è spesso invisibile e misurato nei soli termini del numero di spettatori, mentre crediamo sia fondamentale valorizzare l’impatto sociale che i Festival possono avere sulle comunità, quando agiscono in maniera organica con le economie locali, quando favoriscono il protagonismo della cittadinanza, quando rafforzano l’associazionismo e le imprese.
I Festival possono essere luoghi dove agire un volontariato sano, non sostitutivo del lavoro, non legato a forme di sfruttamento, bensì come forma di partecipazione alla Festa, come laboratorio di formazione per i giovani, come strumento di protagonismo giovanile.
In molti casi, il perseguimento della sostenibilità economica limita o rende molto rischiose scelte artistiche di ricerca, sperimentazione e produzione culturale che invece dovrebbero rappresentare una delle funzioni cardine di un festival.
In questo senso, il Manifesto è anche l’occasione di ribadire che, oltre all’economia del mutualismo e dell’autorganizzazione (e al rapporto con i privati), la cultura ha bisogno, per sua natura, di un importante sostegno statale, che per molte discipline (se non tutte) oggetto dei nostri festival manca o è stato drasticamente tagliato.